Istanbul è canto. Capitolo 1.

Cerco di capire perchè sono venuta qui ma il mio istinto dice di non preoccuparmene. Nel frattempo la vita scorre, il turco è misterioso ma comincio a capire qualche parola e a lanciarmi in coraggiosi tentativi.

Istanbul è rumore e suono.

Sono qui da 23 giorni, ho conosciuto molta gente e ho girato tutta la città per cercare una stanza decente. Un’esperienza avventurosa in giro per appartamenti fatiscenti e strade senza nome, ogni porta che si apriva era un mistero e un piccolo pezzo della città che mi si rivelava. Poi alla fine mi ha accolto l’Asia e ora dalla finestra vedo uno spicchio di Bosforo.

Istanbul è sporca e profumata.

Ho trovato lavoro come insegnante di italiano al quinto giorno, prima ancora di capire dov’ero, prima ancora che mi passasse il panico dell’arrivo e prima ancora di capire molte cose. L’ho preso e la mia vita sembra avere già una nuova piccola routine.

Istanbul è accogliente e ti frega sempre.

Ora tocca alla musica. C’è canto ovunque. Dalle moschee tante volte al giorno le voci si lanciano in cielo e si insidiano nel caos, e poi nei mercati e nei locali e per la strada. Sono stata introdotta da un maestro di ud che mi ha insegnato il primo brano tradizionale e così la mia voce ha ricominciato a muoversi dopo molti giorni di silenzio e di sospenzione e di attesa.

Istanbul è canto.

Mi mancano poche cose dell’Italia: poche persone, poche ma tanto. Bologna è un ricordo lontanto ma appare ogni giorno su Moda Caddesi alla vista di quegli insoliti portici…Il viaggio è solitario sempre o è un appoggiarsi bugiardo a qualcuno o qualcosa. Faccia a faccia con me stessa, così come volevo.

Istanbul è solitudine e moltitudine e tutto è appena cominciato.

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